“Ognuno di noi è un genio, ma se giudichi un pesce in base alla sua capacità di arrampicarsi su un albero, passerà tutta la sua vita credendo di essere stupido“. (Albert Einstein).
“Orientamento permanente, non significa avere la necessità di un consulente per tutta la vita ma possedere la consapevolezza delle proprie competenze, ed essere in grado di analizzarle e indirizzarle verso settori professionali, così da rafforzare la propria occupabilità”. Ad affermarlo, Anna Grimaldi, responsabile della Struttura Inclusione Sociale, INAPP (ex Isfol), ricercatrice e una delle massime esperte di politiche educativo-formative in Italia, durante il convegno Orientamento e orientatori (in pratica): un mondo che cambia e una professione che evolve, promosso da Asitor (Associazione Italiana Orientatori) che si è svolto il 25 gennaio 2023, presso la sala Convegni dell’Associazione MAIS OdV di Roma.
Un tavolo di confronto tra ricercatori, professori universitari, docenti della scuola secondaria di II grado e consulenti di orientamento, per evidenziare il ruolo strategico dell’orientamento fin dalla scuola primaria, a fini di uno sviluppo “competente” della persona, così come la necessità di definire la figura del consulente di orientamento nella sua dimensione formativo-professionale. Una professione che evolve e che “rivendica” la propria identità professionale.
Di seguito riportiamo le idee fondamentali che sono emerse dai generosi interventi e che sono state condivise con i partecipanti in presenza e da remoto, dando origine a suggestioni e proposte.
Un essere e un divenire per le capacità orientative e progettuali del cittadino e della cittadina del Terzo Millennio.
Survey sulla professione dell’Orientatore: La percezione dello stato dell’arte della professione degli Orientatori in Italia
La dott.ssa Gabriella Glorioso, membro del Consiglio Direttivo e Coordinatore Territoriale per il Centro Italia ASITOR, ha presentato la survey sulla professione dell’orientatore per analizzare la percezione dello stato dell’arte della professione.
Un campione che seppur ristretto, rappresenta, come è stato osservato dai relatori in sala, una fotografia della situazione italiana. Sono stati coinvolti consulenti di orientamento scolastico, universitario e professionale, consulenti di organizzazioni private, della Pubblica Amministrazione e liberi professionisti.
Tra i principali risultati emersi:
- – la diversa provenienza disciplinare dei consulenti (sociologia, psicologia, pedagogia, lingue, lettere e filosofia, ingegneria, informatica, giurisprudenza, economia, comunicazione, coaching…). La maggior parte presenta una formazione specifica nell’orientamento, oltre il proprio titolo (diploma o laurea).
- – l’età “senior” della professione (i partecipanti al sondaggio svolgono la professione da oltre 5 anni)
- – Il 58% opera in più settori professionali, il 12% in più settori nell’area scuola e formazione, il 25% nel settore lavoro, il 10% opera nella formazione professionale; solo il 2% opera nell’istruzione terziaria (Università, Formazione artistica e musicale, ITS).
- – varietà della denominazione con la quale ci si definisce; il 48% si definisce consulente di orientamento/orientatore
Emerge inoltre la necessità di stabilire una retribuzione minima concordata a livello nazionale, così come la necessità di un riconoscimento professionale anche attraverso l’istituzione di un albo professionale e di un percorso di studi riconosciuto, e formalizzato, così come il riconoscimento di percorsi non formali e informali.
Politiche per l’orientamento e occupabilità: a che punto stiamo in Italia
A seguire la dott.ssa Anna Grimaldi, responsabile Struttura Inclusione Sociale, INAPP (ex Isfol), considera il focus sulla professionalità dell’orientatore, realizzato dall’inchiesta della dott.ssa Glorioso, un primo passo importante, da ampliare e perseguire come obiettivo per la professione e per la formazione del consulente di orientamento. Chiede con il piglio acuto e amichevole che la caratterizza :“Esiste in Italia una corso di laurea in Scienze dell’Orientamento?”. La risposta è implicita, no, non esiste.
E a proposito della definizione della professione mette l’accento su un fattore fondamentale: “L’orientatore deve avere competenze psicologiche, ma non è uno psicologo; deve avere competenze sociologiche, ma non è un sociologo, deve avere competenze pedagogiche, ma non è un pedagogista”.
L’orientatore ha una sua identità professionale.
Rispetto al valore dell’orientamento in Italia, evidenzia come sia una dimensione trasversale indispensabile ai fini dell’apprendimento permanente, capace di incidere sulla progettualità e l’occupabilità della persona e sui fattori di cambiamento economico e sociale, accompagnando la persona nella gestione delle molteplici transizioni. Ricordando il concetto sostanziale della parola occupabalità: la capacità di trovare occupazione, di essere occupabile.
Oggi, in una società sempre più caratterizzata da un elevato indice di flessibilità e mobilità, la funzione dell’orientamento deve essere ridisegnata per definire obiettivi, modelli e strumenti che siano congruenti e realmente di supporto alle nuove politiche attive del lavoro. Consapevolezza del percorso e maturazione delle competenze, i due cardini essenziali.
CareersNet: consulenza orientativa in Europa
La dott.ssa Concetta Fonzo, esperta, membro della Rete europea CareersNet, ha evidenziato come l’Europa abbia rivolto una grande attenzione all’orientamento, investendo in termini di acquisizione e rafforzamento delle nuove competenze da parte dei professionisti dell’orientamento. Attraverso iniziative, programmi e progetti comunitari sono stati promossi studi e ricerche che hanno prodotto numerosi strumenti per l’aggiornamento formativo-professionale degli orientatori.
Nelle politiche di orientamento, determinante è stato anche il ruolo svolto da parte delle reti europee dell’orientamento, come ad esempio il network CareersNet promosso dal CEDEFOP. (Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale).
CareersNet è stato creato per raccogliere informazioni comparabili e affidabili su scala europea nel campo dell’orientamento permanente e delle questioni relative allo sviluppo della carriera. Le informazioni e le analisi raccolte mirano all’identificazione di lacune e soluzioni, oltre a un’istantanea dei sistemi di orientamento nazionali.
Formazione professionale e orientamento
Il dott. Giorgio Sbrissa – presidente European Vocational Training Association – EVTA e presidente Forma Veneto, ha messo l’accento sull’importanza della formazione e delle professioni, partendo dalla Dichiarazione di Osnabrück, relativa all’istruzione e alla formazione professionale come fattore abilitante della ripresa e delle transizioni giuste verso l’economia digitale e verde, approvata il 30 novembre 2020, così da migliorare l’occupabilità e la competitività.
Le sue parole riflettono lo stesso spirito della dichiarazione in cui leggiamo: “L’istruzione e la formazione professionale di carattere eccellente e inclusivo rappresentano più di una risposta alle evoluzioni e alle sfide con cui si confrontano persone e organizzazioni, poiché sono un fattore abilitante dell’innovazione che getta le basi necessarie pe una crescita verde, digitale e sostenibile”.
Essenziale l‘apprendimento permanente nel mutare profili professionali e di qualifica. Il dott. Sbrissa evidenzia come sia importante anche formare gli utenti/candidati che si presentano per una posizione lavorativa; è necessario rafforzare il ponte tra utenza e aziende, anche attraverso un linguaggio comune e un’attenzione ai nuovi bisogni dei territori che si stanno configurando. L’Italia è un paese poco popolato da un punto di vista statistico.
Dunque il ruolo dell’orientatore è un ruolo di responsabilità, come raggiungiamo le persone che devono essere formate anche nel rapportarsi con le aziende.
I due estremi dell’età adulta: Bilancio di competenze per over 50 anni disoccupati e neolaureati inoccupati. Un approccio fenomenologico
Il prof. Paolo Serreri – esperto Bilancio di Competenze. Responsabile del Laboratorio di Bilancio delle Competenze – Università Roma Tre, affronta due transizioni particolarmente delicate dell’età adulta: i neolaureati inoccupati e gli over 50 disoccupati. L’orizzonte dei giovani è ampio, ma offuscato dall’incertezza e dalla precarietà; quello degli over 50 invece appare ristretto e carente di prospettive, nonostante il loro bagaglio di competenze tecnico-professionali e trasversali.
Serreri parla di “effetto fotofobico” rispetto a questi scenari che sembrano rifuggire dalla luce vitale.
Entrambi i gruppi hanno un forte bisogno di futuro. Al fine di rivitalizzare obiettivi e percorsi, ha sperimentato insieme al suo gruppo di lavoro, il Bilancio di Competenze attraverso un approccio narrativo- biografico che partendo dalla rivisitazione del passato, la persona ha trasformato gli eventi in memoria– una memoria caricata di significati nuovi “pronti” a essere messi in pratica in nuove esperienze di lavoro.
Nel caso dei neolaureati, si lavora sulla ricostruzione delle loro strategie di studio, gli esami sostenuti, le esperienze informali, così come per gli over 50, si sono esplorate tutte quelle aree di conoscenze e competenze, rimaste nel limbo dell’inconsapevolezza. La ricostruzione e la riattribuzione di senso a esperienze formative e professionali rivela scenari di occupabilità reali e potenzianti.
I costi del disorientamento: percorsi di dispersione scolastica – universitaria e processi di neetizzazione.
Giancarlo Ragozini, professore di Statistica e Responsabile scientifico dell’Osservatorio Regionale delle Politiche Giovanili in Campania – Università Federico II di Napoli, ribalta la domanda dei costi relativi all’orientamento: “Dobbiamo chiederci non quanto ci costa l’Orientamento, ma quanto ci costa il Disorientamento”.
Attraverso una capillare descrizione dei tassi di abbandono e di dispersione nei passaggi dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado e dalla scuola secondaria di II grado all’Università, emerge quanto sia necessario l’intervento di azione orientative, per invertire i trend depotenzianti sia a livello individuale che collettivo.
Secondo dati del MIUR, a lasciare la scuola media e superiore sono soprattutto i maschi, gli alunni stranieri, i residenti nel Mezzogiorno e coloro che sono in ritardo scolastico. Altri dati, provenienti da Eurostat, dicono che nel 2021 il 12,7% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato precocemente la scuola, fermandosi alla licenza media. Le differenze sono legate al territorio, all’ambiente sociale di origine, al genere e alla cittadinanza.
Nel 2021, i cosiddetti Neet (i giovani che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in percorsi formativi) sono 2 milioni e 32 mil (il 23,1%) della popolazione d’età tra i 15 e i 29 anni. Tale incidenza è in calo dopo l’aumento registrato nel 2020 dovuto all’impatto negativo della pandemia da COVID-19 sull’occupazione. La percentuale di giovani nella condizione di Neet è più elevata tra le donne (25,0%) che tra gli uomini (21,2%).
L’orientamento non è l’unica risposta a variabili personali, sociali, culturali, geografiche, ma sicuramente è di aiuto. Ragozini propone possibili interventi: politiche di contrasto alla dispersione scolastica, ribadire il valore emancipante della formazione e dell’istruzione; accogliere passioni e hobby che sviluppano competenze trasversali, rafforzare/avviare programmi di orientamento vocazionale.
La didattica per competenze. Strada maestra per l’orientamento formativo
Roberto Trinchero, professore di Pedagogia sperimentale – Università degli Studi di Torino, pone alla base del suo intervento tre elementi fondanti per potenziare le capacità orientative della persona: metodo, atteggiamento, consapevolezza, in particolare rispetto all’autoefficacia percepita e all’autoefficacia reale. Per autoefficacia si intende la capacità di intraprendere e sostenere le scelte necessarie per raggiungere tali obiettivi, nei vincoli imposti dal sé e dal contesto. Un orientamento che dovrebbe partire dal primo ciclo di istruzione.
- Metodo: serve sapere che cosa fare nelle diverse situazioni in cui si trova. Lo studente e la studentessa è bene che si trovino davanti a situazioni-problema in cui è necessario mobilitare tutte le proprie risorse, per risolverle, rafforzando le soft skills. Sono in grado di acquisire informazioni, selezionare quelle rilevanti per i propri scopi, assegnarvi significato, assimilarle, trasformarle in altre, conservarle in memoria, utilizzarle per pianificare azioni e metterle in atto, valutare gli esiti delle proprie azioni;
- Atteggiamento: pensare prima di agire, la didattica deve mirare non solo al metodo, ma anche all’atteggiamento. Per la persona e, dunque, per lo studente e la studentessa è importante essere aperti e flessibili, ascoltare, fare domande, esperire attraverso i sensi, riflettere sull’esperienza, assumere rischi, persistere, immaginare, meravigliarsi, interagire con gli altri, essere chiari e accurati.
- Consapevolezza: una buona didattica forma lo studente strategico che ha diverse strategie, individua le opportunità di apprendimento, fa emergere potenzialità da valorizzare e limiti da superare, apprendere riflettendo sull’esperienza, tracciare i propri successi nel tempo per far evolvere in positivo la propria immagine di sé.
La didattica svolta a partire da situazioni-problema, mirate e pensata in un’ottica di competenza, la didattica corrente delle discipline è essa stessa una forma efficace di riferimento.
I materiali e il metodo del prof. Trinchero è possibile visualizzarli in www.edurete.org/conv/asitor2023.zip
Orientamento universitario: conoscere e conoscersi
Marcello Salmeri, professore di Elettronica, Delegato per l’Orientamento e il Tutorato di Ingegneria, Tor Vergata Università di Roma, evidenzia l’importanza del conoscersi, per operare una scelta consapevole rispetto al proprio percorso formativo-professionale. Evoca, con un tono leggermente amaro, come un certo tipo di stampa ha forgiato titoli dal sapore polemico tipo Atenei a caccia di studenti, concetto quanto mai remoto rispetto alla sua visione di orientamento, in quanto ciò che è veramente importante, in primo luogo per lo studente e la società, che lo studente riesca a fare la scelta giusta.
E da qui il “conoscere” (l’offerta formativa, ma non solo) e “conoscersi” sulla base delle proprie predisposizioni, interessi, curiosità.
Lo stesso piano del PNRR – che prevede nell’ambito della Misura 4 – Istruzione e Ricerca, azioni di orientamento nella fase di transizione scuola-università – è necessario che venga attuato dai singoli enti partecipanti (università e scuole) in modo articolato e riflessivo; non si può sprecare questa enorme opportunità, per fretta, figlia da sempre di trascuratezza e poca adesione alle effettive esigenze e bisogni della società.
Valenza orientativa dei progetti internazionali. Erasmus plus e la scuola
Giuseppina Giaimo, docente di Inglese, responsabile progetti Erasmus+ del liceo Peano di Roma, ha presentato un quadro quanto mai vivo e realistico dell’efficacia dei progetti di internazionalizzazione nello sviluppo delle competenze linguistiche e trasversali, rispetto alla didattica in aula; ha mostrato fotografie di studenti e studentesse in movimento, da cui traspaiono due fattori fondamentali nel percorso di apprendimento: essere protagonisti della propria conoscenza, attivarla e confrontarsi con la realtà.
Negli anni ha potuto verificare di prima mano lo sviluppo di tali competenze, durante la realizzazione di tali attività.
La capacità progettuale, la mediazione culturale, il confronto con culture, a volte, particolarmente diverse, porta gli studenti a confrontarsi con quelle situazioni-problema, evidenziate dal prof. Trinchero che gli permettono di conoscersi, sperimentarsi e costruirsi delle autentiche competenze orientative.
È possibile realizzare buone pratiche di orientamento nelle scuole?
Simone Ariot, docente e orientatore e associato Asitor, si pone una domanda cruciale: “È possibile realizzare buone pratiche di orientamento nelle scuole? Si parte da numeri che fanno eco”: 8000 scuole secondarie di secondo grado (superiori), 7000 scuole secondarie di primo grado, 15000 docenti referenti funzione strumentale orientamento (non formati), 600.000 studenti di scuola secondaria di I grado e 400.000 studenti di quinta della scuola secondaria di II grado.
A livello scolastico, la maggior parte dell’orientamento “si esaurisce” in fiere del settore, open day universitari. Solo il 10% di attività riguardano gli orientamenti di gruppo e solo il 2% riguarda lo sportello di orientamento individuale.
Un orientamento efficace è un orientamento formativo in cui al centro ci sono gli studenti, nelle loro singolarità, con le loro attitudini, i loro dubbi, le loro potenzialità, supportati da una didattica orientativa.
Come incrementare la cura dell’orientamento? Per esempio, attraverso docenti preparati, formati e sensibili verso l’orientamento (15.000 docenti referenti da formare e 1 milione da sensibilizzare); creare uno sportello di orientamento nelle scuole. Importante parlare di potenzialità, di intelligenze multiple, di sbocchi reali.
Fotografie, analisi, proposte, suggestioni, per sottolineare che cambiare si può, attraverso una corretta analisi dei bisogni, interventi specifici e generali al tempo stesso, con l’ascolto, la partecipazione, il confronto e il monitoraggio dei percorsi intrapresi. E soprattutto con la volontà. La volontà di essere e di cambiare.
2023, Anno europeo delle competenze. Il futuro è già cominciato, e tutti noi ne siamo protagonisti.
Al prossimo appuntamento.