IL RUOLO DEL SISTEMA D’IMPRESA NELL’ORIENTAMENTO DEI GIOVANI

Il ruolo del sistema d’impresa nell’orientamento dei giovani
di Uberto Minghi funzionario senior di Assolombarda (Associazione delle imprese industriali e del terziario dell’area milanese, del lodigiano e della Brianza, aderente al sistema Confindustria)

Cresce la complessità dell’azione orientativa

Il tema dell’orientamento al mondo del lavoro e delle professioni è destinato ad acquisire un’importanza crescente, man mano che aumenta – in Italia così come in tutte l’Occidente industrializzato – il grado di complessità e di mutevolezza degli scenari di riferimento. Scenari che, prendendo a prestito una nota definizione del sociologo Zygmunt Bauman, diventano sempre più “liquidi”, rendendo enormemente più complesso, rispetto anche a un ventennio fa, il compiere una scelta, sia essa formativa o professionale.
Tutto concorre a una sempre minore predittività dei destini individuali. Per quanto riguarda le organizzazioni produttive, ad esempio, il salto tecnologico prodotto dall’utilizzo capillare delle tecnologie digitali e i mutamenti sempre più rapidi dei mercati e dei contesti socio-economici modificano il modo di lavorare e fanno evolvere le caratteristiche delle persone che le imprese cercano.

Serve dotare i giovani di competenze auto-orientative sempre più sofisticate
I contenuti professionali e i meccanismi di transizione dagli studi alla vita attiva diventano più elastici rispetto al passato: nascono nuovi lavori e mestieri innovativi; si allenta notevolmente la corrispondenza tra percorso formativo seguito e scelte professionali conseguenti; sempre più frequenti sono i casi di professionalità maturate, nel volgere di pochi anni, in più settori, con ruoli diversi e in luoghi geografici differenti.
Questa situazione di “fluidità” sembra mettere in discussione assunti fondamentali del rapporto “giovani-lavoro” (come, ad esempio, l’affermazione professionale e il valore della “carriera” quali elementi fondanti della realizzazione personale) e fa emergere tendenze come la priorità della sfera privata (più sicura e accogliente), l’appartenenza multipla, il “presentismo” (l’importanza del “qui e ora”).
Se il livello di complessità cresce, anche i contenuti e gli obiettivi profondi delle azioni orientative divengono progressivamente meno scontati e più difficili da assimilare, specie per un’utenza giovanile necessariamente dotata di strutture culturali e cognitive limitate e, soprattutto, vulnerabile a condizionamenti esterni.
Concetti orientativi come quello di empowerment, di controllo individuale sul progetto di vita, di governo della propria evoluzione professionale, presuppongono l’attivazione di competenze sofisticate di direzione e auto- orientamento strategico che non sono affatto banali né semplici da apprendere e “metabolizzare”.
Eppure, queste competenze – così complesse, che in azienda sono per lo più rinvenibili nelle figure manageriali e nelle professionalità più alte – diventano una risorsa fondamentale per superare le fasi di transizione (sociale, formativa e professionale) che, sempre più frequentemente, le giovani generazioni sono e saranno chiamate ad affrontare.

Restituire ai giovani un atteggiamento positivo e “sostenibile” verso il lavoro
E’ fondamentale infondere nelle giovani generazioni un atteggiamento positivo e costruttivo nei confronti del lavoro, contrastando pregiudizi e rigidità ancora radicati nell’opinione comune di tanti giovani, così come degli adulti.
Basti pensare, ad esempio, alla convinzione che, fin dalla giovinezza, ci si debba costruire una sola professionalità; che l’ideale personale, sociale e professionale migliore è il “posto a vita”; che bisognerebbe entrare nel mercato del lavoro svolgendo soltanto il mestiere preferito e per il quale ci si sarebbe preparati perché una volta entrati non sarebbe più possibile né cambiarlo né migliorarlo; che i “dadi formativi” decisivi per il buon svolgimento di qualsiasi lavoro si lancino soltanto in età evolutiva e non anche durante l’intero arco della vita.
Si tratta, in tutti questi casi, di cliché che poco o niente hanno a che vedere con la vita reale e che qualunque organizzazione professionale e produttiva sa bene essere privi di fondamento. Non soltanto è meglio essere in grado di svolgere bene quanti più lavori possibile; soprattutto, quand’anche si fosse costretti per necessità o per scelta a svolgere a lungo lo stesso lavoro, è necessario apprendere a svolgerlo a livelli progressivamente più elaborati di complessità tecnica, di cultura critica e di responsabilità personale, sociale e morale. Ne consegue che non esiste lavoro, di qualsiasi natura esso sia, nel quale non si possa crescere e meritare riconoscimenti se ci si dimostra persone valide, competenti, volenterose ed equilibrate.
Qualsiasi lavoro si faccia all’inizio di una carriera, dunque, se lo si fa bene e, soprattutto, se lo si vuole fare e lo si fa sempre meglio, può essere occasione per affermare se stessi e chiedere il riconoscimento della propria bravura, progredendo in responsabilità e inquadramento nello stesso lavoro oppure cambiandolo spesso, passando anche a settori molto lontani da quello in cui ci si è collocati all’inizio.

Il ruolo orientativo dell’impresa e dell’associazionismo imprenditoriale: un fenomeno in crescita
Dall’insieme di queste considerazioni nasce l’esigenza di dare forma e sostanza a nuove strategie congiunte di orientamento che sostengano i giovani nel processo – sempre più complesso e, per certi versi, problematico di transizione alla vita attiva. In questo scenario, il mondo dell’impresa può fornire un valido contributo alla qualità e all’efficacia di un orientamento in grado di fornire ai giovani la migliore “cassetta degli attrezzi” per affrontare il passaggio al mondo del lavoro, non soltanto in termini di informazioni e “tecnicismo”, ma soprattutto di crescita della consapevolezza personale e del grado di motivazione.
All’interno del sistema produttivo e nel mondo dell’associazionismo imprenditoriale è possibile rinvenire sensibilità, capacità e know-how orientativi diffusi che possono essere efficacemente valorizzati e “capitalizzati”.
In questo senso, la Lombardia è storicamente un terreno fertile di sperimentazioni e progettualità nel quale si sono sviluppate buone pratiche di azioni orientative partecipate dal mondo dell’impresa e significative per quantità e qualità. Grazie anche all’impegno del sistema della rappresentanza confindustriale diffuso capillarmente sul territorio è stato possibile ottenere, in questi ultimi anni, risultati importanti su molteplici fronti: l’orientamento professionale, le azioni di guidance alla scelta post-diploma, le collaborazioni con le istituzioni educative per lo sviluppo dell’employability dei giovani, la valorizzazione dell’istruzione tecnica e professionale e delle professioni a essa correlate.
In definitiva, possiamo dire che il mondo delle imprese è – oggi e tanto più in futuro – un attore orientativo di cui non si può non tener conto nella definizione di nuovi approcci e strategie di supporto ai processi di transizione scuola-lavoro delle giovani generazioni.

Un’indicazione per il futuro: lavorare insieme e “fare rete”
Anche nel campo dell’orientamento sembra avvertirsi il bisogno crescente di far fronte alla scarsità di risorse attuando, su aree territoriali omogenee, forme di “economia di scala”, in grado di prevenire i rischi di replicazione di iniziative similari o, quel che è peggio, la dispersione di energie e competenze in interventi di basso profilo.
Al contrario, occorre sviluppare una cultura del “lavoro in rete” (networking) e diffondere approcci orientativi sinergici basati sulla messa a fattor comune di capacità gestionali e progettuali provenienti da mondi e culture professionali diverse.
Approcci che – in linea con la complessità degli scenari e con il continuo evolversi delle caratteristiche (culturali, psicologico-cognitive, sociali) dei nostri giovani – devono sempre più configurarsi come azioni sistemiche, dove tutti gli attori in gioco sul territorio possano fare la loro parte e offrire, in una logica collaborativa e di rete, le loro migliori risorse e competenze: mondo della scuola, università, servizi pubblici di orientamento, sportelli “Informagiovani”, associazionismo imprenditoriale, imprese.

(*) Ex corsista CESTOR, Uberto Minghi è un funzionario senior di Assolombarda (associazione delle imprese industriali e del terziario dell’area milanese, del lodigiano e della Brianza, aderente al sistema Confindustria) dove si occupa di progettazione e organizzazione di iniziative di orientamento e, più in generale, di collaborazioni tra imprese e sistema scolastico-universitario del territorio.